I N D
I C E
di
Paolo
Pasqualucci, Il concetto dello spazio,
Giuffrè,
Milano, 2015, pp. 648,
preceduto
dalla nota ’Al Lettore’
Nota previa
Il mio volume sul concetto
dello spazio uscì nel 2015 nella Collana Quaderni della Rivista
Internazionale di Filosofia del Diritto, con il n. 10. Il titolo esatto è: Metafisica del Soggetto II “Il
concetto dello spazio”, pp. 648. L’editore Giuffrè cura la distribuzione
della Collana. Si trattava
dell’esposizione della II delle V Tesi preliminari della “metafisica del
soggetto”. Perché II volume? Perché nel 2010 avevo fatto uscire: Metafisica del Soggetto. Cinque tesi
preliminari, Edizioni Spes-Fondazione Giuseppe Capograssi, Roma, pp.
188. Di questo volume ho pubblicato in
questo blog due parti: la Prefazione e la Sinossi delle cinque
tesi, rispettivamente il 3 giugno 2018 e il 6 settembre 2018.
Il lettore si potrà chiedere
come mai un trattato di filosofia teoretica sia apparso nei Quaderni di
una rivista di filosofia del diritto. Il
fatto è che la Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto, fondata
101 anni fa dal filosofo del diritto Giorgio Del Vecchio, ha sempre mantenuto
la tradizione di pubblicare occasionalmente articoli e saggi riguardanti la
filosofia morale, o della storia o per l’appunto teoretica. Il lettore si potrà anche chiedere come si
possa scrivere un libro di 648 pagine, inclusi gli indici, sul concetto dello
spazio. Cerco di spiegarlo nella nota Al
Lettore pubblicata qui di seguito.
Del volume ho pubblicato a parte, su questo blog, il primo capitolo, che
è una ampia introduzione generale, intitolata:
Percezione e natura dello spazio: introduzione al tema,
contenente limature, rifacimenti e ampliamenti rispetto al testo del libro. Quest’Introduzione apparve nel blog il
4 febbrario 2020 e da allora ha avuto
472 letture. Sembrano poche, in
assoluto, ma per un saggio di circa ottanta pagine su un argomento come “il
concetto dello spazio”, mi sembrano molte.
Ritengo quindi che, per i
cultori di filosofia appassionati alle questioni da me trattate, possa essere
di un certo interesse leggere anche l’Indice del volume e la nota Al
Lettore, che lo precede. L’ Indice
è molto dettagliato, credo renda bene la complessità dell’opera, la logica
del suo sviluppo, la particolarità della sua impostazione.
Al Lettore
Il
presente volume contiene l’esposizione della seconda delle cinque Tesi
preliminari della metafisica del soggetto, dedicata la tesi al concetto
dello spazio. Per comodità del
lettore ho riportato in apertura dello scritto tutte e cinque le tesi,
aggiungendovi una mia traduzione in inglese delle stesse, valendo l’inglese
quale lingua franca della nostra epoca.
L’attuale volume è il secondo della Metafisica del Soggetto,
essendo uscito il primo, dedicato alla prima delle Cinque Tesi, nell’autunno
del 2010, per i tipi delle Edizione Spes-Fondazione Giuseppe Capograssi, Roma,
pp. 188. La prima delle Cinque Tesi
concerne i limiti del nostro intelletto, quali risultano in primo luogo
dall’impossibilità di pensare simultaneamente a due o più cose diverse. I nostri pensieri e stati d’animo sono sempre
in successione nel tempo, il che dimostra l’esistenza del tempo come dimensione
reale nella quale si trova ad operare la nostra mente, che non
sillogizza nello spazio.
Questo
secondo volume dell’opera, pubblicato in notevole ritardo rispetto ai programmi
iniziali, ha acquisito una tal mole non solo a causa della complessità dei temi
trattati ma anche perché ho ritenuto opportuno allargarmi su aspetti
strettamente teoretici del pensiero di Kant, Cartesio, Spinoza, Heidegger,
nell’ordine, al fine di una esatta comprensione del loro concetto dello
spazio. Tuttavia, la parte del leone
l’hanno fatta l’analisi e la critica del concetto di spazio curvo e spazio-tempo,
professati da Einstein e dalla fisica contemporanea. E questo, per ovvi motivi, trattandosi della
concezione dello spazio oggi dominante, nonostante le sue evidenti aporie,
messe sempre più in rilievo dalla stessa scienza, in particolare
dall’astrofisica più recente. Anche nei
capitoli dedicati alle dottrine dei Fisici (settimo, ottavo e nono), ho dovuto
ricorrere ad un inquadramento più vasto, al fine di un’esposizione il più
possibile esauriente di certi concetti fondamentali.
Il
presente lavoro è scritto dal punto di vista del quisque de populo, quale
io sono. Ciò ha comportato ampliamenti
ed approfondimenti che agli specialisti possono apparire superflui; ma si
tratta di ampliamenti ed approfondimenti sempre connessi al tema di fondo: lo spazio.
La
prospettiva dell’uomo comune che si cerca di far valere qui non è certamente
quella di un beffardo empirismo, rutilante ad esempio nell’invettiva del
sulfureo Céline, il quale, cito a memoria, scrisse una volta che “scienziati,
astronomi bavards et gueulards…scocciano a morte…incomprensibili teorie
che matematizzano il nulla…astri la cui luce arriva miliardi di anni
dopo, nel frattempo sicuramente scomparsi!”
Il quisque
de populo nel quale mi sono immedesimato vuol esser socratico, se
così posso dire, quanto al suo metodo:
analizzare pazientemente e porre domande in tutta semplicità, al fine di
giungere al vero, nella misura del possibile e senza la pretesa di riuscire a
spiegare tutto, cosa del resto rivelatasi vana agli stessi uomini di
scienza. La prospettiva che chiamo socratica
mira perciò a rivalutare nel giusto modo il senso comune quale
facoltà del nostro intelletto capace di sostenerlo nel ripristino di una
concezione realistica del mondo, di contro al soggettivismo dominante,
avvitatosi nelle ben note spirali nichiliste, anche in àmbito
scientifico.
Pertanto,
di contro ad una concezione come quella dello spazio-tempo, funzionale
non alla cosa in sè ma alla sua misurazione in quanto fenomeno, che si vuol
estendere al concetto dello spazio in quanto tale, per cui dovremmo concepirlo
come spazio-tempo curvilineo, cerco di riproporre una visione realistica dello
spazio, nella convinzione che sia impossibile la sua reductio ad unum
con il tempo e l’eliminazione della differenza tra il pieno e il vuoto, la
materia e l’energia, lo spazio e ciò che è nello spazio, trattandosi di
differenze che sono nelle cose, nella realtà che esiste fuori di noi.
Il
primo passo nel senso di questa rappresentazione realistica, è consistito
nell’accertamento di una verità, ampiamente dibattuta nel primo volume della
Metafisica del Soggetto: e cioè
che lo spazio fuori di noi è condizione imprescindibile della nostra conoscenza
del mondo esteriore, perché realtà tridimensionale (estensione e profondità)
che, in quanto tale, consente la stasi e il moto dei corpi e dell’energia, e
non perché “forma a priori della nostra sensibilità” (secondo la celebre
formulazione kantiana, da me criticata nei capitoli secondo, terzo e quarto);
forma inconsciamente predeterminata, anteriore ad ogni esperienza concreta
dello spazio stesso.
Che
la nostra rappresentazione dello spazio sia empiricamente dedotta dalla realtà
fuori di noi, risolvendosi in un concetto empirico dello stesso, quanto alla
sua origine e contenuto, senza bisogno di alcuna predeterminazione in interiore
homine (senza bisogno dello a priori kantiano), ciò è confermato dal fatto
stesso del tempo impiegato dall’immagine dell’oggetto esterno a formarsi
nella nostra mente. È il tempo impiegato
dalla luce diffusa a percorrere lo spazio che ci separa dall’oggetto, sommato a
quello dei processi fisico-chimici che, dentro di noi, si risolvono alla fine
nell’immagine compiuta della cosa esistente fuori di noi. Per renderci conto dell’esistenza di questo tempo,
basta sapere che la luce non si propaga istantaneamente ma con una determinata
velocità: non occorre presupporre
l’esistenza in noi di un’intuizione immediata del tempo, a priori,
indipendentemente da ogni esperienza.
Ma
un’analisi del concetto dello spazio non poteva fermarsi a questa semplice
anche se capitale constatazione.
Qualcuno avrebbe sempre potuto rigettarla opponendomi che non avevo
fatto i conti con la concezione kantiana dello spazio, la cui influenza,
piaccia o meno, si è fatta sentire sino alle elaborazioni einsteiniane. E che non avevo fatto i conti con la
“spazialità esistenziale” di Heidegger, che si vuole il maggior filosofo del XX
secolo, il quale cerca di risolvere in chiave appunto esistenziale (di spazio vissuto)
il problema della natura dello spazio.
Per
tacere, infine, dell’impossibilità di ignorare le concezioni dello spazio
dominanti nella fisica moderna e contemporanea, che alberga dentro di sè una
“filosofia della natura” secondo la quale l’immagine del mondo deve ritenersi curva
ed anzi deforme come le figure che si scorgano sul pomo d’ ottone
levigato di una rotonda maniglia di porta.
Ciò che a noi sembra diritto sarebbe in realtà incurvato, ma non come la
superficie della terra, cranio di ben polita sfera: distorto a causa della curvatura dello
spazio, deformato dalla materia che contiene. Mentre le dimensioni di ogni spazio misurato
sarebbero comunque relative al tempo impiegato dalla luce a portarcene
l’informazione.
Intuizione
a priori della nostra “sensibilità”, lo spazio, oppure asimmetrica “spazialità”
del nostro esser-nel-mondo che si disvela nell’Esserci nostro quotidiano
nascondendo lo spazio in sé e per sé, ridotto ad irrilevante comparsa? Oppure, curvilineità della materia-energia
che fa di noi stessi una semplice variazione di densità dello spazio-tempo,
una transeunte e quasi invisibile increspatura del tutto cosmico eterno ed
increato?
Di
fronte a queste ardite concezioni, vibranti di una loro profana escatologia, se
così posso dire, potevo limitarmi a riproporre la semplice constatazione che lo
spazio esiste fuori di noi quale insopprimibile condizione empirica della
nostra conoscenza del mondo esteriore, come dimostra il tempo che la luce deve
impiegare per coprire la distanza (lo spazio) tra noi e l’oggetto, al fine di
fabbricarne in noi l’immagine ossia di farci vedere? Che lo spazio si dimostra essere realtà
fisica integrata nel nostro processo conoscitivo prima ancora che un rapporto
tra le cose individuato ed elaborato dalla nostra mente? E che esso esiste come spazio euclideo,
dato che la luce sembra viaggiare sempre in linea retta, come se si muovesse
sempre nel vuoto, quando si muove nello spazio?
Bisognava
confrontarsi con quelle complesse e profonde speculazioni prima di ribadire il sano
realismo della rappresentazione dello spazio del senso comune mediante una
rigorosa deduzione empirica del suo concetto (nel penultimo capitolo
della presente opera, il decimo), quale concetto di una realtà che esiste effettivamente fuori
di noi e si lascia cogliere innanzitutto mediante il senso della vista.
Per
esser completa, tuttavia, l’indagine non poteva terminare qui. Bisognava affrontare anche il nodo
teologico emergente dalle disquisizioni metafisiche e fisiche. Kant ne offriva lo spunto, quando affermava
che chi non accettava la sua concezione trascendentale dello spazio come nostra
intuizione a priori, anteriore ad ogni esperienza, rischiava di cadere nello spinozismo
ossia nel materialismo di Spinoza, che faceva della res extensa un attributo di Dio. Spazio, allora, come attributo di Dio e quindi
impossibilità di ammettere l’esistenza di un Dio creatore, assolutamente
indipendente dalla realtà del cosmo da Lui stesso creato, ivi compresi lo
spazio e il tempo?
Bisognava
difendere da quest’accusa la concezione realistica dello spazio. Tale difesa, che ha comportato (nel capitolo
5) l’analisi critica del concetto dello spazio come “sostanza corporea” in
Cartesio e Spinoza, nonché la difesa di quella dello “spazio assoluto” di
Newton, ha riproposto di per sè il tema fondamentale del rapporto tra Dio e
lo spazio, sviluppato nell’ultimo capitolo dell’opera, nel quale propongo
di considerare, quale sesta prova dell’esistenza di Dio, il modus
operandi a distanza ma istantaneo della forza di gravità nello spazio,
scoperta fondamentale e crux philosophica della scienza moderna e contemporanea. Annullando nella sua istantaneità sia lo
spazio che il tempo, tale modus si pone al di fuori delle leggi fisiche
da noi conosciute, che non riescono affatto a darne ragione, rinviando pertanto
ad un Agente capace di operare in modo soprannaturale. Un accenno in tal senso si trova, del resto,
in una celebre lettera di Newton ad un suo discepolo.
Da
tutto ciò si ricava che la critica ad autori come Cartesio e Spinoza non deve
considerarsi superflua, quasi si trattasse di analizzare reperti archeologici,
dato che Einstein ha visto in Cartesio un precursore del suo concetto dello
spazio e si è apertamente professato panteista nel senso spinoziano del
termine, con le evidenti implicazioni teologiche che ciò comporta, a cominciare
dalla negazione (espressa, in Einstein) dell’esistenza di un “Dio personale” e
quindi Creatore. Lo “spinozismo” con il
quale Kant minacciava i suoi critici, è riapparso nella visione del mondo dei
Fisici contemporanei, intrecciato (sotto spoglie spesso neopositiviste) ad un
kantismo di fondo, per quanto riguarda il nesso spazio-tempo, oltre che per una
certa tendenza al soggettivismo dal punto di vista metodologico.
I n d
i c e
Al Lettore, p. 9
Le cinque tesi preliminari della metafisica del soggetto
(redaz. bilingue)
Résumé of the argument of this book
Seconda Tesi [Lo
spazio è condizione empirica (e non trascendentale) della possibilità della
nostra conoscenza. Esso è la dimensione
intrinsecamente vuota, continua, omogenea, identica in tutte le direzioni
(isotropa), immobile, infinita, che permette alla materia e all’energia di
avere luogo e moto (spazio assoluto)]
1. Percezione e natura dello spazio: introduzione al
tema 25
1.1 Percezione e natura dello spazio
a. Realtà dello spazio /
b. Finito ed infinito / c.
Percezione dello spazio in sè / d. Il
pieno e il vuoto
1.2 Il concetto di spazio “curvo” e le sue aporie
a. Dallo spazio “assoluto” a quello “curvo”, tra kantismo
e spinozismo/ b. Le sei aporie di una teoria
1.3 Lo spazio è immutabile condizione empirica della
conoscenza sensibile
1.4 Spinozismo, kantismo, panteismo einsteiniano
a. Il panteismo di
Einstein / b. L’equivalenza di massa ed
energia alla luce del principio di causalità:
atto e potenza / c. Il “senso comune” quale strumento della critica / d.
Schema della trattazione
2. La “filosofia trascendentale” e l’idea dello spazio 103
2.1 La filosofia
trascendentale non vuol ridurre il mondo ad illusione
2.2 Significato
della “rivoluzione copernicana” di Kant
2.3 Realtà e
“idealità trascendentale” dello spazio.
Dualismo di “materia” e “forma”
2.4 La divergenza
insuperabile di realtà empirica e idealità trascendentale
2.5 Aporie relative
al concetto dell’intuizione a priori
a. La “apriorità” dello apriori, essendo solo logica,
risulta implicita e quindi indimostrabile / b. Se “l’immediato” possa esser a
priori / c. La forma dell’apriori appare vuota / d. Il carattere indeterminato
dell’intuizione a priori dello spazio dal punto di vista del contenuto
3. Critica dell’esposizione metafisica del concetto di
spazio in Kant 137
3.1 Senso “esterno”
per lo spazio, “interno” per il tempo
3.2 Concetto ed
intuizione, in relazione alla rappresentazione dello spazio
3.3 Critica dei
quattro argomenti metafisici di Kant
a. Lo spazio non è un concetto empirico / b. Lo spazio è
una rappresentazione necessaria, ineliminabile / c. L’unicità dello spazio / d.
L’infinità dello spazio
4. Critica
dell’esposizione trascendentale del concetto di spazio in Kant 161
4.1 I giudizi
sintetici a priori
a. Il principio di
ragion sufficiente come esempio di tali giudizi / b. La geometria come “scienza
dello spazio” sintetica a priori
4.2 Lo spazio non è
una proprietà delle cose in sè
4.3 L’idealità
trascendentale dello spazio e la svalutazione dell’esperienza
4.4 Critica della
concezione kantiana e rivalutazione dell’esperienza, a proposito dei colori
a. I colori
rispondono anche a qualità dei corpi / b. Critica della concezione
soggettivistica del colore
4.5 Significato
ontologico del dualismo kantiano
5. Spinozismo e kantismo: dallo spazio come
attributo di Dio allo spazio come “attributo” del pensiero 195
5.1 L’enunciazione spinoziana
5.2 Il concetto cartesiano di sostanza e lo
spazio come “sostanza corporea”
a. La sostanza e i suoi attributi / b. Il
concetto della res extensa non si applica a Dio / c. L’increato pensante / d.
La contraddizione nel concetto della sostanza/ e. Lo spazio come “sostanza
corporea” / f. Lo spazio vuoto come il
Nulla
5.3 Dio come sostanza in Spinoza e lo spazio come
suo attributo
a. Un Dio che non è creatore
e cui non si può attribuire un fine / b. La sostanza è infinita, causa sui / c.
La sostanza è “prior”. Critica della proposizione I dell’Ethica / d.
L’unità della sostanza / e. La sostanza è increata / f. La sostanza è
infinita. Aporie su finito e
infinito / g. Il problema della
pluralità degli attributi / h. La sostanza è indivisibile, le parti non
esistono / i. Dio è l’unica sostanza.
Critica della proposizione XIV dell’Ethica / l. Tutto esiste solo in Dio, ivi compreso lo
spazio / m. Ulteriore replica all’anticreazionismo spinoziano / n. Se lo spazio
è attributo di Dio, la differenza tra le cose si ha solo “modaliter” / o.
Critica dell’idea dell’identità della materia / p. La contraddizione nella concezione spinoziana
della sostanza
5.4 Contro Kant:
una concezione realistica dello spazio (come quella di Newton) non
conduce affatto allo spinozismo
5.4.1 Lo spazio assoluto di Newton
a. Natura obbiettiva dello
spazio assoluto / b. Lo spazio per Newton non è “corpo di Dio”, la sua
esistenza si deduce empiricamente
5.5. Lo “spazio empirico” secondo Kant
a. Lo “spazio empirico” è
relativo / b. Negazione dell’esistenza
di uno spazio assoluto / c. Ulteriori aporie kantiane
6. La “spazialità
esistenziale” di Heidegger 273
6.1 La premessa teoretica: essere, esserci, negazione dell’essenza
a. La domanda sull’essere /
b. L’essere come concetto generale, indefinibile e ovvio / c. L’ente / d. Il
Dasein o l’esserci / e. La pre-instaurazione del comprendere / f. La riduzione
della scienza alla filosofia dell’esserci / g. L’essenza dell’esserci è la sua
stessa esistenza
6.2 L’esser-nel-mondo come “spazialità
esistenziale”
a. L’esser-nel-mondo / b.
“In-essere” ed “essere in” / c. “L’esser-presso” come esistenziale / d. La
spazialità esistenziale come nuovo tipo di spazio
6.3 La critica di Heidegger alla res extensa
cartesiana
a. La “res estensa” e la
“costituzione d’essere” del mondo / b. La substantia come “non-aver-bisogno” / c.
L’autonomia dello ens creatum / d. L’ambivalenza del concetto della substantia
/ e. L’inadeguatezza della critica di Heidegger
6.4 La spazialità “esistenziale” è quella
“circumstanziale” dell’esser-nel-mondo
a. La “mondanità” del mondo /
b. Il “mondo-circostante” / c. L’utilizzabilità degli strumenti “incontra” lo
spazio “esistenziale” / d. Il “luogo-proprio” ed i “paraggi” occultano lo
spazio
6.5 Il dualismo di “spazialità esistenziale” e
spazio
a. Totalità esistenziale e spazio / b. Critica
del dualismo heideggeriano
7. Lo spazio “curvo e finito” di Einstein 333
7.1 Dall’identificazione di corpo e spazio allo
“spazio curvo”: il monismo imperfetto di
Einstein
a. Una nozione “controintuitiva”, che sembra
ridurre il fenomeno alla sua misurazione / b. Il significato rivoluzionario
dell’idea di “spazio curvo” in Einstein / c. L’ammissione di Einstein / d.
Sviluppo dell’argomento
7.2 L’origine dell’idea di spazio dall’esperienza
dell’”oggetto corporeo” come “corpo rigido” e la negazione dell’infinito
a. L’imprescindibile nesso
tra geometria ed esperienza: la
“geometria pratica” di Einstein / b. La sintesi di geometria e fisica:
Helmholtz e Einstein / c. La “geometria pratica” di Einstein vuol dimostrare
che lo spazio è finito / d. La “rappresentazione” di una “geometria sferica a
tre dimensioni”
7.3 L’origine dell’idea del vuoto dalla
rappresentazione dell’oggetto corporeo fuori di noi
a. Dallo spazio della scatola allo spazio vuoto
/ b. Lo spazio assoluto (e vuoto) come sistema inerziale / c. Dallo spazio
“vuoto” al “campo”
8. Lo spazio come campo delle linee di forza 389
8.1 Come il concetto di campo elettromagnetico
abbia messo in crisi l’idea dello spazio assoluto ed infinito, “incurvando” lo
spazio
a. Inerzia e gravità / b. Il quadrato della
distanza e dei tempi / c. Le linee di forza del campo elettromagnetico / d. I
fenomeni sono dovuti all’azione di un mezzo / e. Il campo è un’onda e così la
luce / f. la forza di gravità non rientra nelle equazioni di campo
8.2 Dall’etere al campo
a. Campo ed etere non si
integrano / b. L’azione a distanza sarebbe razionalmente inconcepibile / c.
Ambiguità nella negazione einsteiniana della simultaneità / d. La teoria einsteiniana dei fotoni presuppone
lo spazio euclideo
8.3 La scomparsa dell’etere
a. L’esperimento di Michelson
e Morley / b. La contrazione di Lorents-Fitzgerald: reale o apparente? / c. Una contrazione problematica e forse
inesistente
9. Lo “spazio-tempo” 441
9.1 Dalla relatività galileiana a quella
einsteiniana ossia allo “spazio-tempo”
a. Il principio di relatività
secondo Galileo e Newton / b. Quattro significati del concetto di relatività
9.2 Il teorema dell’addizione delle velocità e il
suo paradosso
a. Incompatibilità del
teorema classico con la velocità della luce, secondo Einstein / b. Critica
della tesi di Einstein
9.3 Il concetto di tempo per i Fisici : simultaneità, tempo locale, durata
a. Il carattere relativo
della simultaneità / b. Critica dell’esperimento mentale o “esempio classico”
di Einstein / c. Casistica relativistica con qualche cenno critico / d. La
relatività della lunghezza ossia lo “spazio-tempo” / e. Notazioni critiche sul
concetto di “spazio-tempo”
10. Deduzione empirica del concetto di spazio 539
10.1 Sulla deduzione empirica del concetto di spazio
a. Spazio-tempo e deduzione
empirica / b. L’esistenza effettiva
dello spazio fuori di noi
10.2 Spazio e vista
a. Non possiamo vedere lo
spazio in sè? b. Percezione “tattile”
dello spazio e realismo della Gestaltpsychologie
10.3 La percezione della distanza come profondità
a. Campo visivo e profondità / b. La tesi di Plotino
10.4 La percezione visiva
dello spazio come distanza nell’esperienza quotidiana
a. Vediamo la distanza / b. Il “senso dello spazio” non può
prescindere dalla vista / c. Contro
Berkeley: anche vedendo “in distanza” si
vede “la distanza”
10.5 Percezione indiretta dello spazio. Ulteriori critiche a Berkeley
10.6 Conclusione:
se non vedessi lo spazio, non potrei vedere ciò che è in esso
10.7 Spazio e forma geometrica
a. Critica della riduzione cartesiana
dell’infinito all’indefinito / b. Lo spazio non ha forma e nessuna forma
geometrica lo esaurisce / c.
Incongruenze geometriche nella teoria del Big Bang
10.8 Lo spazio in sè è il vuoto in sè
11. Dio
e lo spazio 583
11.1 L’essere perfettissimo di Dio è anteriore
allo spazio
a. Il “dove” di Dio prima della creazione e
l’incomprensibilità di Dio : san
Gregorio di Nazianzo / b. Il “dove” di
Dio prima della creazione e l’incomprensibilità di Dio : san Giovanni Crisostomo / c. Il “dove” di Dio deve ritenersi anteriore
all’universo: sant’Agostino
11.2 Lo spazio di Dio come “quantità virtuale” o
“quantità senza quantità”: a. Il “luogo
di Dio” come “quantità senza quantità”:
Dionigi Areopagita/ b. San Tommaso interprete di Dionigi / c. “Grandezza
priva di quantità” e “causalità divina” / d.
Spazio “virtuale” e “sopranatturale” / e. La creazione esclude di per sè l’idea dell’eternità del
mondo: san Bonaventura / f. Creazione ed
eternità del mondo: un paradosso di san
Tommaso / g. Critica del paradosso
dell’Aquinate
11.3 L’istantaneità della forza di gravità quale
nuova (sesta) prova dell’esistenza di Dio:
non è riconducibile al modus operandi della causalità naturale poiché
annulla lo spazio e il tempo nella sua azione
L’Autore 639
Indice dei nomi 641