Letture
Cattoliche
(a cura di Paolo Pasqualucci)
1 – Il dono di sè a Dio Onnipotente.
[Da
: G. Schryvers, C. SS. R, Il
dono di sè, versione italiana pubblicata da Marietti
nel 1926, successivamente ristampata più volte anche da altri editori.]
* * *
[Che significa “darsi a Dio”]
“ Darsi a Dio vuol dire affidargli anima e corpo, vuol
dire abbandonargli tutte le proprie potenze, le proprie aspirazioni e i propri
sentimenti, i propri desideri e i propri timori, le proprie speranze e i propri
progetti per l’avvenire, riservandosi solo la cura di amarlo.
Darsi a Dio vuol dire dimenticar se stesso, deporre nel
Cuore di Gesù tutte le preoccupazioni, tutte le sollecitudini e le mille noie
della vita quotidiana, confidargli i propri interesssi, incaricandolo di
provvedere a tutto, di rimediare a tutto.
Darsi a Dio vuol dire non occuparsi più di sè e non
pensare ad altro che a Dio; vuol dire consacrarsi alle opere che si riferiscono
alla sua gloria, dilatare, nella misura delle proprie forze, il regno del vero
e del bene; vuol dire dedicarsi ai propri fratelli per amore del Maestro, vuol dire
istruire, confortare, aiutare, vuol dire, soprattutto, convertire e condurre a
Dio.
[…] Dio è il nostro
principio. Egli ci ha creati, ci
conserva, partecipa a tutte le nostre azioni; opera continuamente in ciascuna
nostra facoltà, in ciascun nostro senso, in ciascuna delle cellule che
compongono il nostro corpo. Riconosciamo
con amore il suo sovrano dominio. È
questo il dono di sè.”
(Parte I, Cap. I, È giusto darsi a Dio; Art. I, Dio
è il principio di tutte le cose, ediz. con imprimatur del 1945, pp. 3-4;
6).
[L’unica vera nostra guida è lo Spirito Santo]
“Oh, quanto devo diffidare di me stessa e appoggiarmi alla
mia guida!
Questa guida è lo Spirito divino, il Paracleto, il
Consolatore nella tristezza e negli scoraggiamenti, il sostegno nelle
difficoltà della vita, la luce nella notte.
Egli fa della santificazione delle anime il suo unico
affare. Che gl’importa la sorte
degl’imperi, quando le anime che guida raggiungono la santità? La sua provvidenza governa il mondo, dispone
delle corone, conferisce o toglie il potere, e tutto secondo la sua volontà e
per il bene delle anime. Perchè le
rivoluzioni, le guerre, l’epidemie, le grandi sventure sociali? Perchè le persecuzioni, l’oppressione dei
paesi deboli, il trionfo della brutalità?
Perchè i flagelli pubblici, i lutti delle famiglie, l’ecatombe di vite
umane, le lacrime delle madri? Oh! quanto è corta la vista della ragione
umana! Vi sono anime elette, numerosissime
forse, le quali saranno purificate e santificate da queste prove. Vi sono anime che senza di esse non si
salverebbero mai. Il mondo intero non
vale una sola di tali anime. Per avere
un atto di amore di più da una piccola anima nascosta in fondo a qualche
casolare, Dio permetterebbe sconvolgimenti terribili.
O savi e potenti del secolo! credete di essere gli arbitri del mondo, di
poter dettare la pace o la guerra, e Dio si ride della vostra potenza di un
giorno. Siete strumenti di cui si serve
un istante e poi sparite. E l’opera
divina si compie, le anime di buona volontà si santificano.”
(Op. cit., Parte I, cap. II, È cosa savia darsi a Dio,
Art. VIII, Guidata dallo Spirito divino, tutto concorre al progresso
dell’anima semplice, pp. 50-51).
* * *
[La pratica perfetta del “dono di sè”]
“La vita dell’uomo è una
successione non interrotta di doveri da compiere; è una serie di avvenimenti
felici e penosi.
La ragione umana non vede se non il presente, ma Dio
abbraccia il complesso dei fatti che costituiscono la vita intera. Ne ha regolato precedentemente i particolari,
ne ha contrassegnato i momenti, mischiando il piacevole allo sgradevole, le
gioie alle pene, la buona riuscita ai rovesci di fortuna. Ne ha determinato la durata e fissato il termine. Tutto, nel pensiero divino, deve servire alla
sua maggior gloria, e alla santificazione degli eletti.
L’anima semplice quando ha acquistato, a forza di
esercizio, l’abitudine del dono di sè, si lascia condurre da Dio attraverso
tutti gli avvenimenti della vita.
Non sapendo nulla, nè volendo saper nulla
antecedentemente, si contenta di tener la mano di Dio e di accompagnare il buon
Maestro durante tutta la giornata.
Non indica alla sua Guida la via da seguirsi, non le
prescrive le soste da farsi, nè i riposi da prendere. Questo spetta a Dio, il suo ufficio è di
stringere la mano che la conduce e di camminare.
Non va nè più presto, nè più lentamente della sua Guida,
non la prega affatto di affrettare il passo.
Sa che Dio è padrone del tempo e degli eventi e che arriverà al termine
nell’ora fissata da Lui.
L’anima, condotta da Dio attraverso la vita, non si
meraviglia di nulla. Tutte le creature
che incontra per via vengono a servirla, perchè tiene la mano di Dio. Ma molte la servono a malincuore. Essa lo sa, ma non se ne inquieta nè se ne
affligge. Nota anzi che molte cercano di
nuocerle, ma non le teme, essendo vicina a Dio.
Spesso non capisce nulla degli avvenimenti che si
succedono intorno ad essa, e dei cambiamenti operati in lei. Non si preoccupa di tale ignoranza, perchè sa
che Dio tiene la chiave di tutti i fatti della storia e di tutti i particolari
della vita di ogni uomo. Ha imparato per
esperienza che certi avvenimenti, in apparenza senza importanza, erano destinati
ad avere grandi conseguenze; che tal fatto, esteriormente insignificante, era
voluto da Dio per sottrarla ad un pericolo.
Perciò, non giudica nulla come superfluo o poco importante
nella vita, e raccoglie i minimi doveri, gli avvenimenti più insignificanti, le
più piccole croci con grande rispetto unito all’amore. Sa che sono come tanti frammenti dell’Ostia
divina che, nonostante la loro piccolezza, contengono Dio tutto intero.
Ella non fa alcuna scelta tra le croci da portare e gli
obblighi d’adempiere, accogliendo gli uni, trascurando gli altri. Tutti hanno un valore uguale dinanzi a
Dio. Parimente, non vede alcuna ragione
di sbrigare più rapidamente tal lavoro per incominciarne un altro. Ai suoi occhi tutto è oro puro, tesoro
divino; non deve fare altro che
raccogliere, senza scegliere.
L’anima semplice non si lamenta mai; non vede di chi o di
che cosa potrebbe lamentarsi. Essa ha
tutto in abbondanza. Ogni momento le
porta Dio con i suoi beni infiniti; le creature per forza o per amore la
servono; gli avvenimenti si accomodano meravigliosamente e sempre a suo
profitto.
Non si lamenta di non aver tempo da consacrare alla
preghiera, perchè tutto le serve per unirsi a Dio. Non mormora dell’opposizione che le si fa
ingiustamente, perchè tale opposizione rientra nei disegni di Dio. Non biasima gli altri nè critica la loro
condotta, perchè le loro intenzioni le sono nascoste.
Si contenta di fare il suo dovere, non desiderando troppo
vivamente la riuscita dei suoi sforzi.
Spesso, le anime migliori si turbano vedendo che il loro lavoro,
iniziato così puramente per la gloria di Dio, non riesce a nulla, deplorano
questa delusione e se ne consolano a stento.
L’anima veramente spirituale non cade in tali angustie; sa che spesso
Dio vuole lo sforzo e la pena e non la buona riuscita.
Lasciamogli la cura della sua gloria, nessuno lo impedirà
di raggiungerla; non ci affliggiamo di un insuccesso che sembra contrario agl’interessi
di Dio. Le sue viste sono più vaste
delle nostre, abbracciano tutto il complesso della creazione e si estendono
fino all’eternità.
Oh! di quanti incanti divini è piena simile vita! Comincia dunque, anima mia, a condurla fino
da oggi. Hai fatto a Dio il tuo atto
fondamentale, ti sei data a Lui per amore, accompagna ora la tua Guida
attraverso tutti i doveri, tutti gli avvenimenti, tutte le pene della giornata.
Contentati di amarla, accetta quello che
Essa ti dà, fa’ quello che ti comanda, porta le croci che t’invia; poi lasciale
la libertà di fare in te e di te tutto quello che vorrà. La tua santità è assicurata, come la tua
felicità.
O Maria! Madre
tenerissima, io ti amo quanto il mio cuore è capace di amare. Voglio rimaner sempre vicino a te, come
Giacobbe accanto a sua madre. Divina
Rebecca! Insegnami il segreto di
piacere al Padre mio, affinchè Egli mi benedica e mi santifichi.”
(Op. cit., Parte II, Cap. I, La pratica dell’abbandono in generale,
Art. VI, L’anima arrivata alla pratica perfetta del dono di sè, pp. 104-109).
* * *
[L’anima pia deve attendersi la persecuzione]
“ Chiunque voglia
vivere piamente in Cristo Gesù, soffrirà la persecuzione: Qui pie volunt vivere in Christo Iesu,
persecutionem patientur “ (2 Tim 3,
12). Lo dice S. Paolo sotto
l’ispirazione dello Spirito Santo.
Nei suoi primi passi, l’anima naturalmente buona
s’immagina che tutto nella via le sorrida.
Si dedica senza troppo pensare a quello che le piace e l’attrae, e crede
che tutti gli uomini siano retti e semplici come lei.
Ahimé! tale
illusione dura poco. Presto si accorge
che l’amore che le si porta, che la bontà che le si attesta, sono mischiati con
altri elementi e spesso non sono altro che vernice, apparenza, diciamo un velo,
sotto il quale si nasconde più di una volta un vile egoismo.
Quante più relazioni ha con gli uomini, tanto più scopre
nella maggior parte di essi la freddezza del loro cuore, la meschinità dei loro
sentimenti, la piccolezza del loro spirito.
Questi difetti li considera in quelli stessi che le sembrano virtuosi e
istruiti. È vero che finisce, dopo una
serie di esperienze personali, con osservarli anche in se stessa.
Essa non s’inganna. Ogni uomo è per sua natura limitato; limitato
in fatto d’intelligenza e di prudenza, limitato in fatto di riflessione e di
consiglio. Il cuore umano è
eccessivamente oppresso dall’amor proprio e lo spirito è ristretto
dall’ambizione. Ahimè! La meschinità, la
ristrettezza di vista, l’ostinazione nei giudizi sfigurano le anime migliori.
[…]
L’anima piena di buona intenzione, si vede sospettata,
contrariata e ostacolata nelle sue migliori imprese. L’anima semplice, credendo di andare
direttamente a Dio con un moto del cuore, si vede fatta oggetto di sospetti, di
esami, di censure; non si tollera che
essa operi differentemente dagli altri, che si allontani dalla società e dal
contatto con gli uomini, che si obblighi ad ore di preghiera, che non si dia
alcun riposo o spezzi relazioni, giudicate necessarie.
L’anima sospinta da un grande zelo si vede combattuta nei
propri disegni, abbandonata dai suoi migliori amici, criticata dai giudici più
competenti, tradita dai suoi più fedeli confidenti: si trova quello zelo mal regolato, quella
attività eccessiva, quell’applicazione e quella cura esagerate. La sua costanza è tacciata di ostinazione, la
sua umiltà d’ipocrisia, la sua fermezza di orgoglio, la sua perseveranza
ambizione mascherata.
E non ci si ferma ai giudizi e alle parole.
Se l’anima persiste nella sua linea di condotta, comincia
la persecuzione, talora nascosta, talora aperta. Si mettono in gioco tutti gli espedienti per
raggiungere l’anima e paralizzarla: lo
scherno, le informazioni sfavorevoli, talora la calunnia. Chi, più dell’anima che ne è stata vittima,
sa quanti mezzi può inventare la malizia umana, quanti dardi può lanciare,
quanti tranelli può tendere per nuocere a un preteso avversario? […]
L’anima non deve meravigliarsi se incontra la
persecuzione, neppure se le viene da persona dabbene.
Deve persuadersi che questa miseria è una conseguenza
fatale della meschinità dello spirito umano, e dell’egoismo inerente alla
natura dell’uomo. […]
L’uomo vede le apparenze, giudica dall’esterno, segue le
proprie impressioni, simpatie e antipatie, disapprova e vuol correggere tutto
quello che non è conforme alle sue idee e ai suoi modi di fare.
L’anima deve persuadersi fortemente che quaggiù non
troverà nessuno, sulla cui approvazione e sul cui appoggio possa fare assoluto
assegnamento. L’amico più fedele, il
direttore più stimato, il confidente più intimo, il superiore più benevolo
possono sparire e mancarci nel momento nel quale speravamo il loro consiglio o
la loro autorità.
Finchè l’anima non si sarà radicata nella convinzione che
sulla terra essa non deve cercare appoggio da nessuna parte, non sarà
preservata da penose delusioni e da cocenti
inganni. Bisogna decidersi. La natura umana è fatta in modo che non può
con sicurezza appoggiarsi interamente sopra alcun uomo; Dio ha voluto così,
affinchè l’anima non abbia, in ultima analisi, altro che Lui e non si riposi
altro che in Lui.
L’anima, ben persuasa di tal verità, non deve temere la
persecuzione sotto qualunque forma si presenti.
Una volta che ci siamo dati a Dio definitivamente, non si
fa più caso della stima degli uomini. Le
loro critiche, le loro violenze, i loro scherni non hanno più il potere di
scuoterci. Non già per esser loro
graditi, o per conquistarci la loro stima, abbiamo rinunciato a tutto.
Se il mondo intero si sollevasse contro l’anima che si è
data a Dio, in che cosa dunque potrebbe nuocerle? L’anima non ha bisogno del mondo, nè della
sua approvazione, sa che l’opinione degli uomini non ha alcun valore dinanzi a
Dio. Se tutto l’universo si collegassse
contro di lei, non potrebbe toglierle neppure il merito di una sola azione.
Il mondo non è potente se non contro chi lo teme. Chi affronta le sue minacce e le sue grida,
lo trova impotente.
Bisogna dunque ripetersi spesso in fondo al cuore: verrà un tempo, nel quale mi vedrò
abbandonato da tutti, privo di consiglio e d’incoraggiamento, sospettato dai
miei superiori e condannato dai miei uguali. Non temerà tale situazione, perchè
non ho bisogno di altri all’infuori di Gesù.
Faccio fin d’ora il sacrificio della stima, dell’affetto e della fiducia
di tutti quelli che mi sono cari; starò bene attento solamente a non
allontanarmi mai dall’obbedienza.
Quanto più sarò respinto dalle creature, tanto più mi stringerò a Gesù.
Egli solo conosce la rettitudine delle mie intenzioni, la semplicità del mio
cuore.
Questo atto rinnovato con frequenza, nel tempo
dell’orazione, crea nell’anima una grande libertà di cuore, una santa
indipendenza da qualunque apprezzamento umano.
Vengano la persecuzione, la calunnia, l’abbandono degli
amici, la sfiducia dei superiori; l’anima non è più colpita. […]
Dio, del resto, non lascia l’anima senza difesa. Quanto più si abbandona a Dio, tanto più Egli
la prende sotto la sua direzione. Quanto
più trascura i suoi interessi e la sua giustificazione personale, tanto più Dio
si occupa di difenderla e di farla progredire spiritualmente.
Fa servire ai suo disegni i suoi stessi nemici. Le loro calunnie, le loro critiche maliziose,
le loro violenze o i loro inganni contribuiscono a mettere in luce l’innocenza
e il buon diritto dell’anima perseguitata.
[…]
O Gesù! la mia
condotta nelle contraddizioni e nelle persecuzioni è dunque molto
semplice. Non devo fare altro che
gettarmi nelle tue braccia, affidarti la mia difesa e amarti. È più facile che periscano il cielo e la
terra, piuttosto che l’anima che si è affidata a Te.
L’ufficio dell’anima interiore, perciò, non cambia
mai. In seno all’abbondanza, alla buona
fortuna, alle consolazioni, alla luce, all’approvazione degli uomini, essa non
ha altro che un atto: il dono
incondizionato di sè a Gesù. In mezzo
alle tenebre, alla miseria, alle critiche e all’avversità, non ha, parimente,
altro che un atto: darsi a Dio con un
ardente atto di amore. Ecco tutto il suo
segreto, tutta la sua sapienza.”
(Op. cit., Parte II, cap. III, Art. III, L’anima che si
è abbandonata a Dio deve aspettarsi la persecuzione; Art. IV,
Condotta dell’anima nel tempo della persecuzione, pp. 161-170 –
estratti).
2 commenti:
Non c'è il rischio di cedere a una spiritualità individualistica? Grazie.
Secondo me, no. Ma cosa si intende con "spiritualità individualistica"? Il concetto non mi è chiaro.
Questi testi rispecchiano a mio avviso la "spiritualità" cattolica tradizionale, che si deve coltivare, sulla base dell'insegnamento dei Padri e di tutta la tradizione, per la nostra santificazioen quotidiana e quindi necessariamente su base individuale (ma non "individualistica"). Questi testi vogliono formare il carattere cristiano non per narcisistici compiacimenti bensì per fini pratici concreti, per farci progredire nella pratica delle virtù necessaria alla nostra salvezza.
PP
Posta un commento