Anniversari: 13
- 16 agosto 1920, Battaglia di Varsavia o della Vistola - L’esercito polacco sconfigge l’Armata Rossa obbligandola ad una rovinosa ritirata.
Una vittoria decisiva, che ha impedito ai bolscevichi
di aprirsi la strada verso Berlino, con l’intento di portar la rivoluzione in tutta
l’Europa, Italia compresa.
Il contesto.
La Polonia era stata ricostituita come Stato
indipendente alla fine della I gm, dopo esser stata divisa dalla fine del
Settecento tra tedeschi, austriaci e russi.
I suoi confini, come si può capire, non erano perfettamente delineati,
in certe zone a popolazione mista. Sotto
la guida del maresciallo Pilsudski, i polacchi avevano combattuto di fatto dal
1918 al 1921 contro russi, ucraini, bielorussi ad est, lituani a nord, tedeschi
a ovest, cechi al sud. La seconda
Repubblica Polacca nacque l’11 novembre 1918 ma già da prima truppe polacche
avevano combattuto in Galizia contro gli ucraini. La Galizia occidentale, con Cracovia, era
etnicamente polacca nella sua maggioranza, in quella orientale vi erano zone in
maggioranza rutene cioè di ucraini cattolici, in maggioranza contadini, che
avrebbero voluto unirsi alla Repubblica Ucraina. Nell’estate del 1919 le forze di Pilsudski
combattevano in Alta Slesia contro i corpi franchi tedeschi e nel nord contro i
bolscevichi lituani, che avevano occupato Vilnius.
La campagna più importante fu tuttavia quella contro
la Russia Sovietica, dalla primavera del 1919 all’autunno del 1920. Cominciò con un’offensiva polacca in
Bielorussia nel 1919 ed una susseguente verso Kiev, nell’aprile del 1920. Dopo duri combattimenti i polacchi occuparono
Kiev nel maggio. Ma l’Armata Rossa
effettuò una poderosa controffensiva e in giugno li scacciò da Kiev. Parallelamente,
Trotski, avendo come comandante sul campo il giovane e brillante generale
Michail Tukacevski (poi fatto fucilare da Stalin nel 1937 durante il Grande
Terrore), iniziò una rapida avanzata in Bielorussia (Minsk) e nell’Ucraina
occidentale, senza tuttavia riuscire ad infliggere ai polacchi una sconfitta
decisiva. Lenin vide immediatamente la possibilità di abbattere il “governo
borghese” della Polonia e ordinò di puntare su Varsavia. Nell’estate del 1920 mise anche in piedi un
governo fantoccio (La Repubblica
socialista sovietica polacca, con a capo il conte polacco Felix Zerzinski,
il sanguinario capo della Polizia segreta bolscevica) per amministrare i
territori polacchi al momento occupati.
Questa “Repubblica sovietica polacca” durò tre settimane e fu
“governata” da un treno armato che pendolava tra Smolensk e Bialistok, in
Bielorussia. La guerra si svolgeva su
fronti molto estesi, i bolscevichi, in particolare, utilizzavano treni armati
per installarvi i loro comandi, in modo da renderli estremamente mobili.
La guerra fu feroce, atrocità furono commesse da
entrambe le parti, contro soldati, civili, minoranze. All’inizio di Agosto, i russi erano in
prossimità dei sobborghi di Varsavia.
Come aiuto dall’Occidente i polacchi avevano avuto solo una missione
militare francese e un piccolo contingente francese, che portò però qualche
decina di carri armati, comandato dal generale Maxime Weygand, nel cui Stato
Maggiore c’era un giovane ufficiale di nome Charles de Gaulle. I diplomatici
occidentali lasciarono la città, prevedendo imminente la sua caduta. L’attacco
bolscevico cominciò il 13 agosto ma il 16 un contrattacco molto ben congegnato
da Pilsudski, celebrato dipoi dai polacchi come “il miracolo della Vistola”,
irruppe da sud-ovest nelle linee bolsceviche,
difese in quel settore da forze minori, che furono subito travolte,
costringendo l’Armata Rossa a ritirarsi in grave disordine. Lenin chiese e ottenne un armistizio. La pace si ebbe con il Trattato di Riga, 18 marzo 1921, con il quale la
Polonia ottenne dei vantaggi, acquisendo la Bielorussia occidentale e parte
dell’Ucraina occidentale (territori poi ripresi da Stalin, prima d’accordo con
Hitler, quando li occupò una prima volta nel 1939 senza colpo ferire essendo la
Polonia già disfatta dai tedeschi – una perfetta pugnalata alla schiena, non
come quella finta di Mussolini alla Francia, preavvisata da tempo di una nostra
entrata in guerra solo “politica” per sedersi al tavolo della pace che il Duce
riteneva erroneamente ormai prossima – e infine una seconda volta, dal "Padre dei popoli", con la vittoriosa
offensiva finale del suo esercito nel 1944).[1]
Come mai la potente Armata Rossa fu sconfitta dal meno
forte, anche se molto determinato, esercito polacco? I bolscevichi erano ancora impegnati nella guerra civile, che tuttavia stavano vincendo, provocata da loro con il colpo
di Stato con cui avevano preso il potere, il 7 novembre 1917, contro il governo
in carica, nato dalla abdicazione dello zar e dalla rivoluzione del marzo
precedente. Questo governo aveva
provveduto alla elezione di una assemblea costituente di tutta la Russia, nella
quale il partito di Lenin era netta minoranza. In Crimea c’era ancora una forte armata di
“bianchi”, comandata dal barone Wrangel. L’ordine di Lenin di concentrarsi a Nord per
puntare su Varsavia, fu eseguito di malavoglia e con ritardo dai comandanti del
fronte sud-ovest e da Stalin, commissario politico al seguito. Essi si
attardarono nella fallita conquista di Leopoli, a circa trecento km a sud di
Varsavia. Per cui l’esercito comunista
non riuscì ad effettuare la necessaria concentrazione delle forze nel punto
decisivo, cosa fondamentale in guerra. Le forze bolsceviche che assediavano Varsavia a semicerchio provenendo
da est, erano deboli nella parte sud del loro fronte a causa del mancato arrivo
delle armate che si erano bloccate davanti a Leopoli. E qui penetrò la
controffensiva di Pilsudski, con movimento aggirante da sud-ovest verso
nord-est, costringendo l’intero fronte a ripiegare e malamente. L’Armata Rossa era inoltre lontana dalle sue
basi, con le vie di comunicazione molto allungate, vittima del logoramento
tipico delle avanzate veloci. Sempre
comunque una forza di tutto rispetto. I
russi avrebbero dovuto attaccare prima che i polacchi potessero raggrupparsi
nella zona attorno a Varsavia. Ma non ci
riuscirono. I combattimenti durarono
complessivamente dal 12 al 25 agosto, ma il ciclo decisivo fu dal 13 al 16. Il 20 i russi cominciarono a ritirarsi in
massa e nel caos e Lenin dovette chiedere un armistizio, come si è detto.[2] Vanno considerati anche la determinazione e il
valore dei polacchi, che si battevano per non esser ancora una volta invasi dal
nemico ereditario, per di più ora comunista.
I grandiosi piani bolscevici per la rivoluzione in
Europa, frustrati da quella sconfitta.
Vedendo le cose dal punto di vista di una corretta
teologia della storia, dobbiamo dire che la Madonna di Czestokowa ha
indubbiamente protetto la Polonia. Ad essa, su invito dei vescovi polacchi e
con la benedizione papale, si rivolsero in quei giorni, impetrando il suo
soccorso, i Santi Rosari di milioni di polacchi. Ma la Santissima Vergine ha
protetto anche tutti noi, Italia compresa, ben ancora nel mirino dei progetti
di espansione mondiale dei rivoluzionari moscoviti.
Consideriamo, infatti, gli obiettivi di Lenin,
ricostruibili anche dai dispacci che si scambiava con Stalin, commissario al
fronte, oltre che dalle sue dichiarazioni pubbliche all’assemblea della II
Internazionale, tenutasi in giugno a Mosca.
Lenin era convinto che l’avanzata dell’Armata Rossa avrebbe fatto
sollevare le masse operaie in suo appoggio, provocando la rivoluzione
proletaria in tutta Europa. In Polonia
però non successe, gli operai si arruolavano volontari per combattere
l’invasore russo, nemico nazionale. Ma
che la rivoluzione dovesse essere mondiale, ciò era un dogma per i bolscevichi
e soprattutto per Lenin. Essi si
sentivano sempre gli eredi dei giacobini: come costoro avevano esportato in
tutta Europa la rivoluzione borghese sulla punta delle baionette, così ora
l’Armata Rossa esportava quella proletaria e comunista. Lenin pensava ad una futura ma imminente
Federazione Socialista Europea includente la Germania, sotto tutela russa,
evidentemente.[3]
Il progetto di espansione rivoluzionaria di Lenin deve
considerarsi assai meno utopistico di quanto si potrebbe credere. La Germania era sempre in una situazione
rivoluzionaria e aveva un partito comunista molto forte. In Italia si era ancora nel pieno del biennio
rosso, occupazioni di terre e scioperi a sfondo rivoluzionario si
succedevano, e proprio a fine agosto di quell’anno 1920 sarebbe iniziata
l’occupazione delle fabbriche, nell’aria da tempo. Anche l’Ungheria era scossa
dal terremoto rivoluzionario comunista.
Gramsci, che stava con altri per fondare il Partito Comunista, stava
lavorando attivamente ad uno sbocco rivoluzionario in Italia. I documenti emersi dagli archivi sovietici
dopo la fine del regime, confermano che ancora nel 1922 e sino al 1925 Mosca
era intenta ad organizzare la rivoluzione in Italia, nell’ambito della
rivoluzione mondiale, convinta di poter ottenere dei risultati.
Nella primavera del 1922, rapporti segreti bolscevichi
sulle prospettive della Rivoluzione mondiale “si legavano innanzitutto agli
sviluppi in Italia, in Germania, in Polonia.
In qualità di forze di combattimento, si prevedeva di usare in primo
luogo “la decisa gioventù rivoluzionaria”.
Si proponeva di mandare in Italia, in Germania, in Polonia, attraverso
canali clandestini, responsabili militari e politici che avrebbero dovuto
organizzare le basi per lo stoccaggio di armamenti e per l’addestramento militare
delle formazioni di combattimento. In
Italia si puntava non solo sui comunisti, ma anche sugli anarchici”. I tre Paesi summenzionati erano considerati
all’avanguardia nella rivoluzione mondiale, quanto a possibilità di attuarla. In Polonia, nonostante il grande patriottismo c'era un forte movimento operario. Un altro rapporto segreto, del 1925, ci
informa che il PCI possedeva un’organizzazione militare autonoma in Francia, da
quattordici a diciottomila militanti, di cui circa diecimila nella zona di
Parigi, pronta a compiere incursioni in Italia.
Sempre in Italia, un’altra relazione segreta ci informa che, ancora nel
1925, “la struttura militare del partito comunista era attiva all’interno di
due associazioni di ex combattenti, in particolare ‘Italia libera’. Dalla relazione deriva che dei venticinquemila
reduci della Prima GM iscritti a ‘Italia libera’, cinquemila erano comunisti.
L’ala sinistra dell’organizzazione programmava un’insurrezione e aveva contatti
nell’esercito. Anche nell’altra associazione, chiamata ‘Ex combattenti’, si era
formata una frazione comunista.”[4]
Il fascismo al potere, dopo aver vinto la guerra sulle
piazze, iniziata (non bisogna dimenticarlo) dalla sinistra rivoluzionaria,
stroncò e disperse gradualmente l’organizzazione clandestina comunista, facendo
fallire i piani di Mosca. È un fatto che
non possiamo negare, piaccia o meno. Ma
prima ancora, la vittoria dei polacchi attorno a Varsavia aveva rappresentato un
evento decisivo, nell’arrestare la marea atea e rivoluzionaria. Quella vittoria oggi celebriamo, con cuore
grato ai combattenti di allora e in devoto ringraziamento alla Provvidenza che
li ha condotti alla vittoria. Che essa
possa aiutare l’Italia e l’Europa nelle prove sempre più difficili che le
stanno scuotendo, nel respingere (come già in passato) la marea dell’invasione
musulmana, nel confondere tutti gli artefici del disordine morale e civile, interno
alle nostre società, che sta rendendo quell’invasione possibile.
Paolo
Pasqualucci
13 agosto 2019
[Fonte: iterpaolopasqualucci.blogspot.ie]
[1] Per tutti i dati sul conflitto russo-polacco,
tranne il mio commento finale sull’azione di Stalin, vedi: Robert Gerwath, The Vanquished. Why The First World War Failed to End,
1917-1923, Penguin, 2017, pp.
194-195.
[2]
Per questi dati sui movimenti
dell’Armata Rossa, vedi: Robert Service,
Stalin. A biography, Pan Books, 2010, cap. 16. The
Polish Corridor, pp. 175-185.
[3]
Op. cit., pp. 178-181.
[4]
Aleksander Kolpakidi e
Jaroslav Leontiev, Il peccato originale: Antonio Gramsci e la fondazione del
PCd’I, in: Segio Bertelli, Francesco
Bigazzi (a cura di), P.C.I.. La storia dimentica, Mondadori,
Milano, 2001, pp. 25-60; pp. 37, 48, 52.