IL VOLTO ANGELICO
DI S. STEFANO PROTOMARTIRE
Uno dei primi sette diaconi eletti
dai discepoli su direttiva degli Apostoli, si chiamava Stefano, “uomo pieno di
fede e di Spirito Santo” (At 6, 5). Fu
il primo ad essere ucciso per la vera fede. Stefano, “pieno di grazia e di fortezza,
faceva prodigi e grandi miracoli in mezzo al popolo” (At 6, 8). Accusato falsamente da alcuni ebrei di aver
bestemmiato contro Mosè e contro Dio, fu trascinato a furor di popolo davanti
al Sinedrio, l’organo della massima autorità giudaica del tempo. E qui, precisa S. Luca, che è l’autore degli Atti
degli Apostoli, “tutti quelli che se ne stavano assisi, avendo rivolto i
loro sguardi fissi sopra di lui, videro la sua faccia come quella di un angelo”
(At 6, 15).
Le false accuse erano simili a quelle
precedentemente rivolte contro Gesù Cristo Nostro Signore. Il diacono Stefano sapeva certamente che stava
rischiando la vita. E tuttavia parlava
al Sinedrio con un volto che appariva agli astanti “come quello di un
angelo”. Per opera dello Spirito Santo,
il suo volto risplendeva come quello di un Angelo del Signore; era già circonfuso dello splendore della vita
eterna che la testimonianza del sangue gli stava per ottenere,
immediatamente. Sapeva, infatti, che lo
avrebbero ucciso non appena, nel respingere in modo argomentato le false accuse
contro di lui, avesse proclamato la verità:
la natura divina del Giusto che il Sinedrio stesso aveva messo
illegalmente a morte.
“Quali dei profeti non perseguitarono
i vostri padri? Essi uccisero coloro che
predicavano la venuta del Giusto, di cui voi, in questi giorni, siete stati i
traditori e gli omicidi. Voi che avete
ricevuto la Legge per ministero degli Angeli e non l’avete osservata” (At
7, 52-53). La conclusione ultima del ragionamento,
mentre l’assemblea tutta già “digrignava i denti contro di lui” (ivi, 7, 54),
ossia l’attestazione pubblica della natura divina del “Giusto” tradito ed
ucciso, gli venne per speciale grazia mediante la famosa visione, dal santo
proclamata “con lo sguardo fisso al cielo”, precisa ancora S. Luca. “Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, con lo
sguardo fisso al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù in piedi alla destra del
Padre. E disse: ‘Ecco, io vedo i cieli
aperti e il Figlio dell’uomo in piedi alla destra di Dio’”(ivi, 7, 55-56). Vide
Nostro Signore e vide il Padre, nella sua Gloria!
Agli orecchi di sinedistri accecati
dalla vanagloria e dalla superbia e già colpevoli della morte di Gesù Cristo Nostro
Signore, quella professione era una bestemmia da punirsi con l’uccisione immediata
del reo. Senza nemmeno pronunciare una
formale sentenza, “mandando alte grida, si turarono le orecchie, e tutti
insieme si precipitarono contro di lui, lo trascinarono fuori della città e lo
lapidarono. E i testimoni deposero le
loro vesti ai piedi di un giovanotto, chiamato Saulo. E lapidarono Stefano che pregava e
diceva: ‘Signore Gesù, ricevi il mio
spirito’. Poi, piegate le ginocchia,
gridò, ad alta voce: ‘Signore, non
imputar loro questo peccato’. E, ciò
detto, spirò. E Saulo approvava la morte
di Stefano” (Ivi, 7, 57-60). Si tolsero i
mantelli per poter tirare le pietre
liberamente, li custodiva il futuro S. Paolo, moralmente complice del
misfatto. Misfatto, perché si
condannava un innocente sulla base di false accuse. Esattamente come con Nostro Signore. Ma il motivo vero della condanna era la
proclamazione della verità rivelata: la natura
divina di Gesù Cristo, consustanziale al Padre, unica porta della salvezza.
Per fortificarlo nell’ora suprema,
Dio onnipotente si degnò di mostrargli i cieli aperti e Nostro Signore “in
piedi alla destra di Dio nella sua Gloria”.
In piedi, come spiegò S. Gregorio Magno, per incitarlo a tener
fermo nella battaglia contro il Nemico del genere umano che era entrato
nell’animo dei sinedristi accecati, ma
solo il corpo poteva fargli togliere: in piedi, come il condottiero di una
schiera invincibile, che invitava a seguirlo, a combattere come Lui aveva
combattuto, sino alla fine per render testimonianza alla Verità rivelata e fare
in tutto la volontà del Padre, al fine di ottenere il premio incorruttibile della
vita eterna.
Il volto del martire prossimo al supplizio, che già splende della luce
degli Angeli, è riflesso esteriore della Gloria divina, concesso in premio
dell’interiore splendore dell’anima di Stefano, che brilla anche per la sua
pietà e misericordia, quando chiede il perdono per i suoi persecutori, ormai
con il corpo fracassato dalle pietre omicide.
La grandezza della Gloria di Dio, che si riflette nel volto angelico, è
speculare alla grandezza della misericordia di Dio, che penetra anche tra i
malvagi persecutori. Sull’esempio di
santo Stefano dobbiamo dunque sempre pregare, oltre che per tutti i peccatori
perché anche noi siamo peccatori, anche per i nostri persecutori, nella
speranza che almeno una parte di loro si penta, si converta e si salvi nel
Giorno del Giudizio.
“È certo che mentre Stefano veniva
lapidato, Saulo stava a guardare i mantelli di coloro che l’uccidevano. Egli, dunque, uccideva il santo diacono con
le mani di tutti, perché rendeva tutti più spediti nel dargli la morte. Tuttavia, con le sue fatiche apostoliche,
Saulo ottenne nella Chiesa di Dio un posto di precedenza rispetto a colui che
con le sue persecuzioni aveva reso martire.
Ci sono due cose sulle quali dobbiamo seriamente meditare. Siccome è detto che molti sono chiamati e
pochi gli eletti, il primo dovere è che nessuno presuma di se stesso, perché,
quantunque uno sia chiamato, non può sapere se è degno di essere eletto. Il secondo dovere è che nessuno ardisca
disperare del prossimo, anche se lo vede giacere nei vizi, perché non si può
sapere quanto sono grandi i tesori della divina misericordia” (S. Gregorio
Magno, Omelie sui Vangeli, intr., tr. it. e note di Ovidio Lari,
Edizioni Paoline, 1975, p. 200).
Cosa chiedere umilmente a Gesù Cristo
Nostro Signore oggi nel giorno anniversario della lapidazione di santo Stefano,
protomartire?
Che la mia vita sia il più possibile
come quella di santo Stefano, “piena di grazia e di fortezza” nell’esercizio
delle virtù cristiane: che sia una vera
vita cristiana, una vita santa in pensieri, parole, opere.
Che anch’io sia aiutato dallo Spirito
Santo ad affrontare la persecuzione incombente, ed anzi già iniziata anche in Occidente,
“con lo sguardo fisso al cielo”, a gloria dell’unico e vero Dio, Uno e Trino, e
a confusione dei nemici della Santa Croce; pur perdonando in cuor mio ai
persecutori e pregando per loro, anime perse che andranno tutte all’eterna
dannazione, se non si pentiranno del male che avranno fatto e non si
convertiranno.
Che mi stia sempre innanzi alla mente
il volto del santo diacono protomartire, splendente come quello di un Angelo:
vincendo ogni umana paura con l’aiuto
dello Spirito Santo, egli affrontò impavido, da vero miles Christi, la
battaglia finale della sua vita terrena, per la Gloria di Dio e la salvezza
delle anime.
*
Lo splendore angelico del miles
Christi si rifletteva certamente sul volto di san Giovanni da Capestrano,
il francescano “santo soldato” quando
nel 1546, all’assedio di Belgrado, incitava con ispirata ed infiammata parola
l’esercito cristiano guidato da Giovanni Hunyadi alla lotta vittoriosa contro i
fortissimi turchi mussulmani, nemici implacabili della fede e civiltà
cristiana, e predicava nello stesso tempo la penitenza ai suoi soldati.
Lo splendore angelico del miles
Christi si rifletteva certamente sul volto del beato frate cappuccino Marco
d’Aviano, quando anch’egli incitava con
ispirata ed infuocata parola alla lotta contro i medesimi turchi assedianti
Vienna nel 1683 con un immenso esercito, dove furono disfatti nella sanguinosa
battaglia di Kahlenberg da polacchi, lorenesi e austriaci collegati. Dopo questa vittoria, iniziò il riflusso
turco dall’Europa orientale e meridionale, riflusso che si concluse con la
dissoluzione finale dell’impero ottomano nel 1918.
San Giovanni da Capestrano, il beato
Marco d’Aviano e prima di loro santa Giovanna d’Arco non combattevano
direttamente ma si trovavano sempre in prima fila ad incitare i combattenti
della giusta causa, che era quella della fede prima ancora che della
patria in pericolo. E del resto la vera
fede, come ha bisogno di una Chiesa visibile che la predichi e la mantenga così
ha pur bisogno di individui e nazioni che visibilmente la pratichino e la
difendano dai nemici, sempre numerosi.
Questi santi, inoltre, non predicarono mai l’odio contro il
nemico e si adoperarono intensamente per migliorare il livello morale degli
eserciti cristiani, afflitti anch’essi in varia misura, com’era inevitabile, da
certe piaghe della vita militare, soprattutto in tempo di guerra
(prostituzione, vizio del gioco, ruberie, bestemmie).
*
Profanazioni di crocifissi, statue
religiose, chiese sono in forte aumento in tutto l’Occidente e in particolare
in Europa mentre imperversa una legislazione anticristiana che appoggia in vari
modi le rivendicazioni perverse della
Rivoluzione Sessuale, discriminando e punendo coloro che non vogliano
ottemperarvi. Le prime vittime sono
ovviamente i cattolici. Nei confronti
del Cattolicesimo si sta creando in Occidente una situazione che malauguratamente
ricorda sempre più quella della Spagna degli anni Trenta del secolo scorso, caratterizzata
da quella feroce e sanguinaria persecuzione anticristiana da parte della
Repubblica atea, socialista e massonica, che finì col provocare lo scoppio della
guerra civile (1936-1939). Purtroppo, la
presente, sinistra situazione è da imputarsi anche ad una Gerarchia cattolica che appare sempre più evanescente ed ìmpari al suo
còmpito storico. E non solo ìmpari ma
addirittura complice dell’Avversario in certe sue componenti, anche di
vertice, come ben sappiamo. Ma non dobbiamo disperare. Come Santo Stefano Protomartire dobbiamo
mantenerci incrollabili nella fede, con lo sguardo fiso in alto, a Nostro
Signore che ci sostiene e ci incita nella lotta; pregare sempre anche per i nostri persecutori
e richiedere ogni giorno l’aiuto dello Spirito Santo per continuare ad
affrontare l’Avversario frontalmente, sino a scorgerne il bianco degli occhi.
Paolo
Pasqualucci
Mercoledì 26 dicembre 2018, S.
Stefano Protomartire
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